Rina Poletti

Vivo le festività con lo stesso sentimento di una persona che, purtroppo, non ha molta fede. Non sono atea; ho ricevuto un’educazione cattolica, ma forse per rispetto verso una società che mi avrebbe esclusa se non avessi ricevuto i sacramenti e frequentato la chiesa quel tanto che bastava per ottenerli.

Il mio rapporto con la Chiesa è quindi molto discutibile per chi invece crede profondamente e si abbandona nelle mani del creato. Eppure, io credo che qualcosa in questo mondo esista, e per me sono solo ed esclusivamente “gli uomini di buona volontà”.

Anche Nostro Signore sicuramente è stato un uomo di buona volontà, quindi mi sento vicina a lui come mi sento vicina a tutti gli uomini e le donne che ogni giorno compiono atti di buona volontà, che molto spesso è semplicemente vivere.

Negli anni ho realizzato che sono stati proprio i religiosi che ho frequentato ad allontanarmi dalla Chiesa. La mia catechista era una donna molto severa; ero terrorizzata quando dovevo incontrarla. La confessione era diventata un momento di vero “terrore”. Che peccati poteva avere una bimbetta di 9/10 anni buona come un pezzo di pane? Non ricordo un momento di insegnamento utile a formare una buona religiosa, se non attimi di vero terrore.

Mi sembrava di essere un militare che doveva seguire regole e principi dettati da altri, dove non c’erano deroghe e momenti di ascolto personale, ma solo obblighi ai quali già sentivo di non voler seguire e frequentare. La mia ultima confessione, quindi, risale al giorno del mio matrimonio nel lontano 1971 (fate voi i conti).

Questo rigore, comunque, non te lo togli, e in tutti questi anni, soprattutto nei momenti più dolorosi e intimi, avrei voluto farlo, ma ammetto che la paura di non essere compresa ha fatto sì che questo non succedesse. In tanti momenti sono arrivata sino al confessionale e poi mi sono ritirata senza confessarmi, e questo non mi faceva stare bene. Forse perché di certi peccati non mi ero pentita, forse perché, secondo i dogmi della Chiesa, erano tanti che non avrei saputo da che parte incominciare.

Io credo che i nostri peccati siano le debolezze umane e il poco ascolto di una società sempre più arida e mirata verso l’egoismo, l’individualismo, il potere che si esercita verso gli altri, l’arroganza; ecco, questi atteggiamenti ci conducono al peccato. Essendo io nulla di tutto questo, alla fine mi sento una buona cristiana.

Eppure, io la fede, l’ascolto, la parola di Dio l’ho ritrovata, e ho ritrovato anche il suo perdono. Era luglio del 2024, stavo a Trieste e un giorno presi il battello per andare a vedere il Santuario di Barbana. Al momento della partenza mi resi conto che di turisti eravamo ben pochi, ma gli ospiti del battello facevano parte di una piccola parrocchia di Pordenone.

La partenza iniziò con un’Ave Maria e pensai: “Ecco, pregheremo sino all’arrivo”, ma non fu così. I religiosi iniziarono il loro chiacchiericcio ridendo e scherzando sino al momento dell’arrivo al Santuario. Il viaggio fu delizioso: le acque verdi della laguna, i piccoli isolotti sino allo spuntare della chiesa.

Allo sbarco i religiosi formarono un piccolo corteo e iniziò una piccola processione di preghiera sino alla porta della sacrestia. Io mi ero accodata per ultima e pensai: “Oggi mi confesso”. Quando arrivai, la sacrestia era piena e i pellegrini si erano tutti accodati ai confessionali, e realizzai che non avrei fatto in tempo, in quanto desideravo prendere la Messa che sarebbe iniziata da lì a poco.

Ero emozionata, sentivo salire un’incredibile emozione di essere in un luogo di tanta bellezza e pace, e sentivo veramente bisogno di una parola buona e di un po’ di conforto. Incontrai il parroco che stava sul battello, che gironzolava intorno alla chiesa in attesa della Messa che avevo capito avrebbe officiato lui.

Lo fermai e gli dissi che avrei voluto confessarmi per poter prendere l’Eucarestia e che erano più di 50 anni che non mi confessavo. Involontariamente avevo già fatto una confessione e, senza rendermene conto, mi misi a piangere senza controllo. Erano giorni di grande introspezione. Per me dubbi, domande, riflessioni personali creavano momenti di forte tensione dentro di me.

Il parroco mi guardò, mi fece girare le spalle e mi disse: “Guardi questa laguna, lasci qui tutte le sue lacrime, si svuoti di tutti i suoi dubbi e di tutte le sue pene. Nostro Signore è qui fra me e lei e la sta ascoltando e assolvendo da tutti i suoi peccati”. E per la seconda volta mi ripeté: “In questo luogo si viene per pregare, questa laguna accoglie le lacrime di tutti, ed è per questo che noi arriviamo fin quaggiù. Lasci qui tutte le sue lacrime e ritornerà più leggera. L’aspetto in chiesa”.

Capii che, senza avere parlato, mi aveva assolto, capito ed ascoltato. Entrai in chiesa, presi la Messa dietro a una colonna per non farmi vedere, perché le lacrime non si fermavano. Pensavo: “Avanti di questo passo riempio da sola la laguna”. Presi l’Eucarestia senza sentirmi in peccato.

I miei peccati li avevo confidati alla laguna, e senza parlare avevo trovato non un comandante che mi obbligava a rendicontare 50 anni della mia vita, ma un “Uomo di buona volontà” che mi aveva compreso e, senza parlare, mi aveva capito.

Ecco, da quell’incontro io ho capito che ritornavo più leggera, che quella vacanza mi stava facendo veramente bene, che i miei dubbi erano coscienza di un nuovo tempo della mia vita e che il passato era appunto passato. E che non esiste età per una vita nuova e che questa vita è straordinaria per chi, come me, è pronto all’ascolto di sé stesso e degli altri. Si può rinascere sempre, solo se si è pronti ai cambiamenti.

Buona Pasqua a tutti.

Rina Poletti